martedì 30 settembre 2008

Ipse dixit...

Il mondo è piccolo, anzi minuscolo, anzi è un fottutissimo bosone.

C. Sturla

Due Aforismi felicemente stupidi

Se le donne sono di Venere, e gli uomini sono di Marte... chi sono i terrestri?

Il mio matrimonio è come il mio funerale: non ci andrò mai razionalmente, anche perché detesto vestirmi "bene".

lunedì 29 settembre 2008

Archetipi, Baupläne ed altre inutilità zoologiche - Prima parte

L’effetto più sconvolgente del darwinismo non è la teorizzazione del cambiamento evolutivo, dato che tale concetto era già stato proposto da illustri filosofi e scienziati precedenti. Ciò che rende la teoria di Darwin così blasfema ed inaccettabile a molti (anche oggi) è che essa propone una spiegazione totalmente naturalistica ed assolutamente plausibile per l’esistenza della grande diversità vivente, una spiegazione che non ha bisogno di alcuna base ideale di tipo platonico o religioso. Prima di Darwin, l’unica spiegazione sensata dell’esistenza di innumerevoli individui di una stessa “specie” era che essi fossero tante differenti versioni materiali di un “tipo”, od “idea” o “modello” di origine puramente mentale (e quindi, implicitamente, richiedevano l’esistenza di una Mente Divina che le avesse ideate), quindi imperfette e soggette ad accidentali deviazioni dall’archetipo divino. Il darwinismo invece riconduce la molteplicità degli individui ad un meccanismo puramente naturale, ovvero, il fatto che ogni individuo è una copia approssimata di uno o più individui progenitori: tanto più due individui sono strettamente imparentati, tanto più essi tenderanno ad assomigliarsi. Pertanto, la somiglianza tra me e mio fratello è, ovviamente, la conseguenza del fatto che abbiamo un numero di progenitori in comune più grande di quello che entrambi possono avere con il Re di Spagna, con la cagnetta Laika (che riposi in pace), con il Tyrannosaurus “Sue” (...), o con l’olotipo di Zhea mais. Data la straordinaria semplicità dell’idea darwiniana, nonché l’alto numero di fenomeni che essa spiega, non stupisce che abbia avuto un enorme successo; né sorprende che per molti essa sia insopportabile, dato che scalza altre spiegazioni metafisico-religiose dal consolidato piedistallo di “necessità esplicativa per la vita”.

Esiste, tuttavia, un luogo della biologia che, apparentemente, resterebbe immune dal potere esplicativo dell’idea darwiniana, un luogo nel quale sembrano essersi arroccati, cocciutamente, gli ultimi difensori dell’obsoleta idea archetipico-religiosa. Come vedremo, tale arroccamento è sostenuto solamente dall’ignoranza di chi si è insediato indebitamente in un territorio che non gli compete più, non certo dall’apparente incapacità del darwinismo di spiegare le evidenze. Tale luogo è il Dominio della Macroevoluzione, il risicato Risiko dei Cladi di ordine superiore, in particolare, le alte sfere della Tassonomia abitate da Classi e Phyla. Come spesso sostengono gli antidarwiniani, la teoria evoluzionista potrebbe anche (e benissimo) essere valida per la “microevoluzione” (i processi di modificazione nel tempo dei pool genetici nelle popolazioni), ma non sarebbe assolutamente in grado di spiegare il passaggio a nuove specie, né, sopratutto, l’esistenza di entità così differenti come i grandi Phyla dei viventi, come i Molluschi, gli Artropodi, ovvero, non spiegherebbe la “macroevoluzione” (tutto ciò che avviene alla scala tassonomica superiore alle specie).

Primo tipo di errore: “Dato che ogni figlio appartiene alla stessa specie del padre, allora non può mai avvenire il passaggio ad una nuova specie”.

La prima obiezione (il passaggio da una specie ad una successiva), oggetto del resto del post, è facilmente risolvibile in base alla stessa logica di scala che usiamo per affermare che ognuno di noi è un individuo reale e non un’appendice della propria madre (nella seconda parte mi dedicherò ai Phyla e alle Classi). Partiamo da un esempio che tutti possono sperimentare (se hanno un minimo di pazienza): prelevate un campione di acqua da uno stagno e osservatela al microscopio. Se avrete fortuna, osserverete alcuni microrganismi, ad esempio i classici parameci da lezione di biologia. Da bravi organismi, i parameci tenderanno a riprodursi ogni qual volta le condizioni ambientali lo permetteranno: ciò è inscritto nel loro genoma, che essi hanno ereditato dai loro progenitori, lo stesso genoma che, se non avesse al suo interno delle istruzioni che inducono alla duplicazione del paramecio, si sarebbe dissolto milioni di anni fa con gli individui che lo portavano. Tornando al paramecio, osserveremo che esso inizierà a duplicarsi, fino a separarsi in due parameci distinti, secondo un meccanismo che dura alcuni minuti. In altri microrganismi, invece di dividersi in due figli, si può osservare l’individuo-genitore che produce una gemmula, la quale si stacca dal genitore per vivere di esistenza propria. In tutti questi casi, abbiamo un individuo di partenza che dopo una fase più o meno breve di tempo subisce una trasformazione, al termine della quale abbiamo due individui distinti, oppure abbiamo un individuo quasi identico al precedente più un piccolo individuo figlio. Dato che alla scala dei parameci e degli esseri umani il processo avviene con gradualità e continuità, e sebbene durante la fase intermedia ci possa essere scambio di materiale interno tra le due parti in scissione, nessuno nega che alla fine del processo avremo almeno un individuo nuovo, generato dal precedente. Noi riconosciamo che il processo ha generato un nuovo individuo perché al termine di tale processo il genitore ed il figlio sono distinti e non si possono più combinare per rigenerare l’individuo di partenza. Non ha alcuna importanza se le parti interne di uno dei due possono passare temporaneamente nell’altro durante la fase di scissione: una volta che la scissione è avvenuta, i due individui sono distinti, e siccome prima ne esisteva uno solo, dobbiamo concludere che il processo ha prodotto un nuovo individuo. Ora, sostituite i millenni ai minuti, gli individui di microrganismo alle specie, e, sopratutto, sostituite la parete cellulare con i meccanismi di isolamento riproduttivo ed otterrete un processo di speciazione evolutiva. Esattamente come è ridicolo dubitare sulla validità del concetto di individuo usando a pretesto la fase di scissione (quando i due microrganismi hanno ancora in comune parte della parete cellulare) per affermare che non può esistere la riproduzione (dato che la durata della scissione è relativamente breve rispetto alla durata media dell’esistenza degli individui), così è ridicolo soffermarsi sulla breve (in termini geologici, anche se lunga alla scala dei tempi umani) fase di speciazione (quando la popolazione-figlia sta separandosi geneticamente dalla specie-madre, e si stanno formando dei meccanismi di isolamento riproduttivo tra la nuova specie e quella antenata) per mettere in dubbio la validità dell’evoluzione di una nuova specie da una progenitrice. Un critico potrebbe dire che le molecole di DNA (o gli organelli cellulari) esistenti nell’individuo figlio sono state copiate da DNA del genitore, e che non esiste un momento preciso in cui si può dire che il DNA smette di essere del genitore e diviene del figlio. Tuttavia, tale critica compie un errore di scala, assumendo che una parte (il DNA) definisca l’individualità complessiva (del microrganismo). Allo stesso modo, anche se è vero che ognuno di noi può essere legato con una serie di eventi riproduttivi a ritroso nel tempo fino all’origine degli organismi, ciò non significa che allora tutti quei miei progenitori rievocati da quegli eventi debbano essere membri della mia specie! Non commettete l’errore di scala citato sopra: gli individui singoli, e le catene a ritroso di individui genitore-figlio, NON definiscono un legame di appartenenza ad una specie, esattamente come la catena successiva di duplicazioni di molecole di DNA a ritroso nel tempo NON implica che il paramecio figlio ed i suoi predecessori siano lo stesso individuo.

Spiegazione tecnica: una nuova specie si forma quando una popolazione di una specie originaria ha mantenuto un isolamento riproduttivo con il resto della specie originaria sufficientemente lungo da sviluppare (spesso casualmente) dei meccanismi di isolamento riproduttivo tali da impedire un rimescolamento genetico tra la popolazione (che ora è una nuova specie) ed il resto della specie originaria.

Nella prossima parte smonterò le obiezioni alla validità del darwinismo per spiegare le grandi categorie tassonomiche.

domenica 21 settembre 2008

Egli, l’Uno-e-Trino, l’Eubloghionte, ovvero, Ultramythology

Io non credo nelle favolette degli psicanalitici (da Freud a Jung, novelli profeti di falsi dei interni), nella serendipità o nel fato-destino-karma-Provvidenza. Riconosco la validità di concetti quali la simbiosi e l’evoluzione della complessità come emersione di una complessità non riconducibile alla mera somma delle parti coesistenti. Adoro la storia, intesa come narrazione del processo (rappresentazione mentale, quindi semplificazione lineare, di un’evoluzione non-lineare) la quale è spesso l’unica spiegazione del perché esistano le complessità.
In principio nacque Ultrazionale, un mero contenitore delle differenti anime del sottoscritto. Al suo interno, come nucleo più cristallino del concetto stesso di "Ultrazionalità", esiste la sintesi tra la razionalità scientifica e la visceralità del Primo e Vero Amore (nel mio caso, la paleontologia), ovvero, la categoria dei post "Doctor Kause - Paleontological Division". Come conseguenza naturale dei limiti intrinseci di Ultrazionale, eccessivamente autoreferente, nacque per gemmazione (o, sarebbe meglio dire, per speciazione blogogenetica) il "Figlio più duro e puro di Ultrazionale" (vedere post del 31 gennaio 2008), il blog Theropoda*. Fin qui, niente di particolarmente significativo: in analogia con processi biologici, un’entità capace di riprodursi ha generato una sua copia imprecisa, la quale si è parzialmente distinta dalla genitrice. Numerose colonie unicellulari si generano in questo modo, con una singola cellula-madre che produce delle gemmazioni, esseri distinti che mantengono alcuni contatti reciproci extracellulari. Ed è qui che entra in gioco il blog "Geomythology" di Leonardo Ambasciano (permanentemente linkato in questo blog). Recentemente, una serie di post a tema paleontologico-mitologico ha connesso ripetutamente tramite commenti, rimandi e citazioni reciproche, Ultrazionale, Theropoda e Geomithology, al punto che, credo, si sia formata una zona dello "spazio concettuale" all’interno della quale la distinzione tra i tre oggetti virtuali (memi in senso lato, nell’accezione di Dawkins) viene meno. Ovvero, ritengo che questo sia un caso di endosimbiosi memica, l’embrione di un proto-paradigma, l’equivalente nel web di ciò che si ritiene abbia generato le cellule evolute (le eucariotiche), due miliardi di anni fa (non mi dilungo troppo nella trattazione della teoria endosimbiontica: essa afferma che le cellule eucariotiche, composte da nucleo ed organuli, si originarono per simbiosi di distinte cellule procariotiche, queste ultime prive di vero nucleo e di organuli: gli organuli delle eucariote non sarebbero altro che dei procariori simbionti).
I recenti post sul dibattito Bakker-Benton e sulla Paleontologia Speculativa, su Geomythology, il mio post su Theropoda sulla rivalutazione della stratigrafia di Coelophysis (fossile chiave, vissuto ai tempi della presunta transizione dibattuta da Bakker e Benton), ed i miei recenti post su Ultrazionale sulla psicologia recondita nel recente articolo di Brusatte et al. (Benton tra gli autori) e sul "Metazoico" non sono altro che differenti manifestazioni di un unico paradigma che "osa" andare oltre ("Ultra") le "Colonne d’Ercole" dei paradigmi paleontologico e psicologico-mitologico (mi si perdoni se abuso di termini che non rientrano nel mio campo), evidenziando le ineliminabili commistioni reciproche. A questo paradigma vorrei dare il nome di "Ultramythology", fusione e superamento dei blog nei quali esso si è manifestato.
Pertanto, prossimamente, in ambo i miei blog sarà presente una sezione chiamata "Ultramythology", avente i collegamenti permanenti agli altri due blog della triade geomitologico-ultrazionale-teropodologica. Se Leonardo condivide questa interpretazione, è vivamente invitato a creare lo stesso link, il quale chiuderà il cerchio delle auto-referenze, innescando l’avvio di un Meta-Blog, un "Eubloghiota" nato dalla simbiosi di tre blog semplici ("probloghioti").
Finale demenziale, in puro stile dissacratore che mi farà guadagnare l’ennesimo anatema: Ultramythology: il Meta-Blog, l’Uno-e-Trino, composto dal Padre (Ultrazionale, il Logos Ontologico Primigenio... il Paleonto-logos), il Figlio (Theropoda, emanato e non creato, della stessa sostanza dell’Amore Ultrazionale, sceso sulla Terra come Archosauromorpho Saurischio ed asceso al cielo come Neornite Columbiforme) e lo Spirito Geomitologico (Geomythology, ispirato ed ispiratore delle Religioni)!
*Nota per Leonardo Ambasciano: la tua affermazione, presente in un recente post su Geomythology, che i miei due blog siano gemelli è imprecisa, proprio in virtù di questa narrazione storica: Theropoda è figlio di Ultrazionale, come testimonia la definizione data proprio il 31 gennaio: "Si tratta di un’emanazione dei post del Doctor Kause". Errore minimo, ma che doveva essere corretto per dare una coerenza al testo di questo post.

mercoledì 17 settembre 2008

Vita, Esistenza, ed altre convenzioni del Programma Occamistico

Ogni qualvolta espongo la mia concezione della Persona Umana (per brevità, la chiamerò nel resto del post solamente “persona”) vengo ampiamente criticato. Purtroppo, la stragrande maggioranza delle critiche è di tipo viscerale, non razionale. E dato che una definizione è un’elaborazione razionale, tali critiche sono inutili e poco costruttive all’interno del contesto in cui la definizione è prodotta e (si spera) viene migliorata e corretta.

Cominciamo da un “paradosso”: quanto dura mediamente la vita di una persona? Prima di rispondere, è necessario definire cosa sia “la vita di una persona”. Penso che la migliore definizione sia: l’intervallo di tempo durante il quale un organismo autocosciente sperimenta il proprio fluire continuo nel tempo. Questa definizione è operativamente applicabile, in quanto presuppone un soggetto autocosciente consapevole della propria esistenza, e non è contraddittoria, perché implica un processo storico unidirezionale ed ordinato di consapevolezza che unisce i singoli istanti in un continuum coerente di rapporti causa-effetto. Quanto dura, mediamente, questo intervallo? I più risponderanno, frettolosamente ed errando, che tale intervallo dura circa 70-80 anni. Non è così. In base alla definizione di sopra, una vita umana media dura 6-10 ore. Ciò è dovuto ad un vincolo fisiologico ineluttabile di natura viscerale che non è superabile da alcun organismo razionale noto: la privazione prolungata del sonno porta alla morte, pertanto, non è possibile la persistenza nello stato di veglia (che è il prerequisito dell’autocoscienza) oltre una soglia accettabile di tempo, che non supera mai alcuni giorni, e che comunque, in condizioni ottimali medie, non supera la decina di ore. Nessuno di noi sperimenta più di una decina di ore di autocoscienza continua del fluire del tempo, quindi, per definizione, non esistono vite umane più lunghe di tali intervalli di tempo.

I miei critici diranno che la vita umana è la somma di tanti segmenti di veglia, che, sommati agli intervalli di sonno, producono una vita umana. Anche accettando di eliminare dal conteggio le fasi di incoscienza (sonno, coma, ecc...), una vita umana, dicono questi critici, dura 30-40 anni. Tuttavia, ripeto, quei 30-40 anni non sono un flusso continuo di consapevolezza del fluire del tempo, ma sono un’interpretazione, un assemblaggio a posteriori, di pacchetti parziali di informazione chiamati memoria. Nessuno sta vivendo 30 anni, al più è in grado di costruire nella propria mente una blanda serie di eventi della durata di qualche ora che egli interpreta come il ricordo della propria esistenza passata. Tuttavia, dato che quel ricordo non è una sequenza continua di eventi, ma solo un assemblaggio di vaghi eventi frammentati esistenti in memoria che vengono ordinati da un programma occamistico (ovvero, un procedimento di parsimonia che tende a minimizzare il numero di assunzioni necessarie a spiegare i dati in memoria), il ricordo del proprio passato non risponde ai requisiti della definizione di sopra di vita umana, e quindi non è utilizzabile per misurare la durata della vita umana.

I miei critici diranno: ma proprio in base al programma occamistico, noi attribuiamo a tali eventi disgregati un senso che li ordina nel tempo e che costituisce la prova dell’esistenza di una vita durata decenni. Concordo in parte sull’obiezione, ma, faccio notare, la vita umana non è un’interpretazione di eventi storici, ma un vissuto sperimentabile: altrimenti dovremmo concludere che anche la narrazione della Seconda Guerra Mondiale è una parte della mia vita umana, affermazione che è assurda proprio sulla base delle convenzioni storiche usate dal programma occamistico, le quali interpreterebbero come errata l’affermazione che un individuo nato nel 1978 abbia vissuto la Seconda Guerra Mondiale. Ovvero, gli eventi in memoria che non posso legare da una serie continua di relazioni di causa-effetto con “l’adesso” non fanno parte della mia esistenza attuale, ma sono solo pacchetti di informazioni che il programma occamistico interpreta come “passato”.

Per farmi capire meglio, io posso andare indietro nel tempo dei miei ricordi con una serie di eventi che partono da adesso, arretrano di un secondo per arrivare ad un evento (un secondo fa) collegato causalmente con adesso, il quale evento è a sua volta collegato causalmente con un evento precedente, e così via, fino ad un istante, chiamato “risveglio mattutino” oltre il quale non posso arretrare con la consapevolezza del fluire continuo del tempo. In memoria ho altri eventi, chiamati “ieri”, i quali hanno tra loro la vaga apparenza di continuità temporale, ma che non sono collegati in alcun modo con il tempo “attuale”, con la serie di eventi che posso legare con continuità con il presente. Ricordo vagamente un evento chiamato “io vado a letto”, tuttavia, tale evento non ha alcun evento successivo continuo che lo segue e che lo lega ad adesso: è il programma occamistico che, prelevando altre informazioni in memoria, interpreta tale serie di eventi slegati da ora come un “episodio del mio passato”. Tuttavia, essa è un’interpretazione a posteriori di informazioni presenti nella mia mente prima ancora che le interpretassi come “passate”: chi può dimostrarmi che, invece, tali informazioni non siano state immesse tutte contemporaneamente nel cervello nell’istante che chiamo “risveglio mattutino”, dandomi l’illusione che io abbia un “ieri”? Solo il programma occamistico presente nel cervello mi porta a interpretare tali informazioni come il mio passato, non certo le informazioni stesse, le quali sono solo dati in memoria. Cambiando programma, cambierebbe l’interpretazione*.

Se potessimo costruire una macchina informatica altamente complessa, munita di programma occamistico, e se potessimo inserire nella sua memoria l’intera gamma delle informazioni che io chiamo “miei ricordi”, nulla impedirebbe a quella macchina di affermare che quei ricordi sono il suo passato, un passato che essa ha veramente vissuto: pertanto, se noi siamo certi che quella macchina si sbaglia e si sta auto-illudendo sulla base di un suo programma interno, perché dovremmo essere così certi che non accada lo stesso pure a noi?

In conclusione, dato che non è possibile trascendere il proprio programma occamistico interno, né è possibile sperimentare con continuità più di 6-10 ore di consapevolezza del fluire del tempo, non è possibile affermare con certezza che una vita umana duri più di 6-10 ore.

Un manifesto del solipsismo? No, solo un consiglio a godervi il poco tempo che avete... ovvero, vivete alla giornata!

*dato che sono un naturalista darwiniano, ritengo che il programma occamistico sia un adattamento evolutosi in quanto rispondente alle relazioni di causa-effetto esistenti nell’ambiente che mi circonda. Ciò potrebbe indurmi ad affermare che i ricordi sono una fedele rappresentazione della realtà (la quale ha premiato i possessori del programma occamistico proprio perché è il programma mentale che dà la più fedele rappresentazione degli eventi reali, e quindi garantisce la sopravvivenza reale di chi lo possiede), e che io, quindi, esisto realmente da 30 anni, e non solo da stamattina. Tuttavia, anche il darwinismo è un’interpretazione (la migliore che dispongo): essendo anch’essa di tipo occamistico, non posso essere sicuro che essa non sia parte del programma stesso (rendendo quindi il discorso circolare).

martedì 16 settembre 2008

The Rise of Theropoda in the Late Holocene of World Wide Web


Da due mesi ho attivato un contatore per le visite su Theropoda: non posso che essere felice per il trend ascendente che ha resistito nonostante le limitazioni estive! Spero vivamente che il successo di questo blog paleontologico contribuisca nel suo piccolo alla divulgazione "alta" dei dinosauri. In un oceano di paleontologia internettata all'acqua di rose per bambini/adolescenti, è una piccola isola che si impegna ad essere "adulta".

domenica 14 settembre 2008

La paleontologica amicizia ed il biologico amore

Più volte ho espresso l’idea che l’amicizia sia un sentimento più ultrazionale (più distaccato, autoironico e non-dogmatico/totalitario) dell’amore. L’amicizia è relativamente più razionale, quindi più altruistico-antropologica, mentre l’amore è più viscerale, e pertanto, più egoistico-zoologico (la gelosia tra amici veri, analoga a quella diffusa tra partner, è inesistente, ed anzi, tanti più amici si condividono, tanto meglio) e "patologico" nel modo col quale spesso vincola le persone. A rimarcare la mia maggiore stima verso l’amicizia rispetto all’amore (che, preciso, deriva da un ragionamento, sebbene sia avvalorata da numerose esperienze personali e non) è il fatto che l’amicizia è "paleontologica", mentre l’amore è "biologico".
So che mi state dando del pazzo, ma seguite il ragionamento.
La paleontologia tratta di tempi molto più lunghi di quelli biologici: ha quindi una visione di più ampio respiro, e si nutre di eventi dilazionati in lunghi periodi. La biologia, pur trattando di tempi più brevi, ha comunque a disposizione una mole di dati più ampia e dettagliata, e può attingere a fonti impossibili per la paleontologia. Amicizia e amore, da questo punto di vista, sono come paleontologia e biologia. L’amicizia, mediamente, si protrae per tempi ben più lunghi della relazione amorosa media (almeno nel mio caso è così, ma dubito che qualcuno abbia più di un paio di amori durati decenni, a fronte di decine di amicizie di tale durata), ma, a differenza della relazione amorosa, permette di acquisire una quantità di informazione minore (se non altro perché aspetti intimi e "anatomici" dei partner non vengono mai esplorati, fortunatamente, con gli amici... e, purtroppo, con le amiche... la battutaccia era d’obbligo).
L’analogia è evidente, e potrebbe anche spiegare l’alto tasso di separazioni e divorzi tra i paleontologi... forse non abbiamo sufficiente impostazione biologica per legarci fortemente a qualcuno con una relazione più viscerale dell’amicizia?
Se ciò sia un bene o un male, è una questione che lascio ai superstiziosi manicheisti...

venerdì 12 settembre 2008

La Grande Guerra (Mitologica) Tardo-Triassica: Superiorità Dinosauriane, Revancismo Crurotarso, e la (presunta) Neutralità dei Dati

Quanto siamo condizionati dai nostri pregiudizi e vincoli? Questo post parla di una fase straordinaria della Storia Naturale, del modo in cui è stata interpretata in passato, reinterpretata recentemente, e come, probabilmente, sarebbe più sensato vederla.

Possiamo aggirare il problema quanto ci piace, ma alla fine si torna sempre lì: il fascino dei dinosauri è talmente viscerale da impedire un’analisi di tale taxon ad un grado di oggettività paragonabile a quello consono per altri gruppi (meno affascinanti) di animali. Da quando esiste una scienza paleontologica, la tendenza a mitizzare l’evoluzione dei dinosauri si è sempre insinuata nella fredda valutazione dei dati. Purtroppo, ciò sembra radicato al punto da essere presente persino nella analisi apparentemente più oggettive.

Il più grande mitizzatore dei dinosauri degli ultimi quaranta anni è Robert Bakker. La sua vena mitologica è talmente florida da avergli permesso di pubblicare un libro palesemente “ispirato”: “The Dinosaur Heresies”, un libro il cui titolo denuncia già la connotazione mitologica che l’autore ha del nodo evolutivo “Iguanodon + Megalosaurus”. Dubito che verrà mai pubblicato un analogo “The Trilobite Heresies”, o un “The Synapsid Heresies”: quei taxa sembrano essere più fortunati, accomodati nelle alte sfere della fredda razionalità delle cerchie paleontologiche, senza (o quasi) alcuna contaminazione viscero-volgare.

Robert Bakker si prese l’onere (sarebbe più consono dire “la missione”) di sradicare un esagerato pregiudizio del XX secolo, che ancora oggi contamina il significato popolare di “dinosauro”. Per far ciò dovette applicare un’azione uguale e contraria all’inerzia che opprimeva i cari estinti. Per liberare i dinosauri dalla fama di massimi fallimenti ed errori dell’evoluzione, Bakker dovette ribaltare completamente l’iconografia e la concezione di quei vertebrati. Un tale atto sovrumano ebbe però l’effetto indesiderato di scagliare Dinosauria dalla mitologica palude dell’Inferiorità sull’altrettanto mitologica vetta della Superiorità. I dinosauri di Bakker sono, pertanto, creature mitologiche al pari delle goffe ed impaludate terribili lucertole antidiluviane: voracissimi, endotermissimi, velocissimi (persino ballerini), i “bakkerosauri” sono implausibili ed esagerati, palesemente condizionati dal bisogno di contrastare l’antica iconografia. I dinosauri di Bakker, più consoni alle pulsioni super-eroistiche dell’adolescenza che alla ponderazione dell’adulto, non dovrebbero essere presi troppo sul serio, ma riconosciuti come effetto estremo di una causa eroica. Eppure, le pulsioni adolescenziali di Bakker, oltre ad accattivare universalmente gli adolescenti appassionati di dinosauri (ammetto di essere passato anch’io per una fase “bakkeriana”), perdurano come ipotesi possibile nella discussione “adulta”, anche solo come plausibile modello di interpretazione. In particolare, l’idea bakkeriana che i dinosauri soppiantarono i loro competitori agli albori della loro storia (nel Triassico Superiore) in virtù della loro “superiorità anatomica” è ancora discussa e testata.

In breve, sappiamo che i dinosauri si originano e differenziano nel Triassico Medio-Superiore, e divengono, nel Giurassico Inferiore (circa 30 milioni di anni dopo), i principali vertebrati terrestri di taglia medio-grande della Terra. Per contro, i principali vertebrati terrestri del Triassico Medio-Superiore (sinapsidi non-mammaliani, rincosauri e, in particolare, crurotarsi non-crocodylomorfi) si riducono o estinguono completamente.

In base all’idea di Bakker, espansione dei dinosauri ed estinzione degli altri sarebbero cause ed effetto di uno stesso processo di sostituzione: il nuovo gruppo, “superiore”, avrebbe soppiantato i vecchi, gli “inferiori” (quanto questo modello abbia a che vedere con una certa ideologia anni ’60 è materia per altri blog... io qui discuto di paleontologia...). Tuttavia, la storia della Terra è ricca di altri eventi simili di ricambio faunistico, e non sempre appare così ovvio un processo di competizione e sostituzione macroevolutiva: in generale, aldilà dell’ambiguità stessa del concetto di “competizione tra cladi”, simili processi evolutivi possono essere spiegati più tranquillamente dicendo che l’estinzione (più o meno causale, più per cause fisico-ambientali che per questioni biologico-competitive) tra i membri degli ecosistemi permette l’espansione e la diversificazione dei gruppi superstiti. Per quanto apparentemente più semplice, questo modello è spesso dimenticato: l’idea della “guerra tra cladi” sembra essere più accattivante e suggestiva, sebbene scientificamente poco comprensibile. (Inutile ricordare che questo modello è stato a lungo il paradigma dominante nelle discussioni sull’estinzione dei dinosauri non-neorniti: i mammiferi avrebbero soppiantato i dinosauri in virtù delle loro “indubbie” superiorità... sebbene nessun dato biostratigrafico ed ecologico supporti tale ipotesi).

Tutto questo gigantesco prologo mi serve per introdurre un articolo uscito questa settimana su Science (Brusatte et al., 2008): in questo studio viene quantificata la diversificazione evolutiva dei dinosauri triassici e comparata con quella del loro principale “clade competitore”, quello degli arcosauri crurotarsi, al fine di testare l’ipotesi bakkeriana in maniera quantitativa. Crurotarsia è il sister-group del gruppo al quale appartengono i dinosauri, chiamato Ornithodira: entrambi formano il nodo Archosauria. I coccodrilli (e gli alligatori ed i gaviali) sono gli unici crurotarsi viventi attualmente (così come gli uccelli sono gli unici avemetatarsali viventi), mentre il gruppo ebbe una florida diversificazione nel Mesozoico, in particolare nel Triassico: in quel periodo comparvero numerosi crurotarsi, spesso con morfologie simili o convergenti con quelle di alcuni dinosauri (il caso estremo è Effigia, un vero e proprio “crurotarso ornitomimide”). Lo studio di Brusatte et al. dimostra che la disparità anatomica (il grado di differenziazione tra le morfologie) dei dinosauri triassici è più bassa di quello dei crurotarsi, e che i tassi di differenziazione morfologica all’interno dei due gruppi furono praticamente gli stessi: ovvero, l’ipotesi di Bakker non è sostenuta dai dati. Pertanto, concludono gli autori, i dinosauri non soppiantarono i loro “competitori”, né risultarono “superiori”, ma, semplicemente, soffrirono meno dell’estinzione triassica e occuparono le nicchie dei crurotarsi dopo che questi si erano praticamente estinti.

Fin qui, non ci sarebbe nulla da obiettare: lo studio avvalora il più sensato modello non-competitivo e ci porta ad abbandonare la mitologica versione bakkeriana dei dinosauri (“superiori”) che eliminarono i crurotarsi (“inferiori”). La mia critica, che si ricollega al discorso iniziale sulla difficoltà ad analizzare i dinosauri in maniera non-mitizzata, nasce da un grafico pubblicato nello studio.

Come gli stessi autori notano, non sarebbe corretto comparare i tassi di diversificazione e (sopratutto) la disparità anatomica dei crurotarsi con quella dei dinosauri, dato che, come ho detto sopra, i due cladi non hanno un rapporto diretto di sister-group. Normalmente, in questo tipo di analisi si comparano sempre i due diretti sister-groups, non certo uno dei due con un sottogruppo dell’altro. Ovvero, Crurotarsia è un clade più “ampio” di Dinosauria, dato che è il sister-group di Ornithodira: siccome Dinosauria è un sottogruppo di Ornithodira, è plausibile che la sua disparità anatomica interna possa essere più bassa di quella di Crurotarsia. Difatti, ciò è quello che mostra la Figura 1B di quello studio, dove l’area del morfospazio crurotarso è chiaramente maggiore di quella del morfospazio dinosauriano.

Ma perché allora confrontare Dinosauria e Crurotarsia, dato che non sono sister-groups? Dinosauria è solamente un clade scelto sulla base di nostre aspettative “contingenti”, che non ha alcuna priorità oggettiva rispetto ad altri cladi di ornitodiri. Perché comparare Crurotarsia con un sottogruppo di Ornithodira, invece che con Ornithodira stesso? Forse “Dinosauria” è così accattivante da meritare di essere “elevato” di rango?

Gli autori fanno una dichiarazione che si dimostra contraddetta dal loro stesso metodo, e che denuncia la volontà (inconscia?) di voler analizzare proprio i dinosauri nonostante essi non possano essere equiparati ai crurotarsi come livello tassonomico: essi dicono, per giustificare l’esclusione degli altri ornitodiri nel confronto con i crurotarsi che “Dinosaurs and crurotarsans are not sister taxa, but this is irrelevant to the question at hand. Analyzing the sister taxa Crurotarsi and Ornithodira would necessitate grouping with dinosaurs the morphologically bizarre pterosaurs and several fragmentary non-dinosaurian dinosauromorphs, neither of which have traditionally been included in discussions of dinosaur origins, and neither of which were likely ecologically overlapping with crurotarsans (with the possible exception of some dinosauromorphs). Since dinosaurs and crurotarsans are not sister taxa this means that they did not diverge at the same time, and that one group (crurotarans in this case) had a longer period of time over which to accumulate characters and body plans. However, this bias is addressed in the present study by the binning of data by Triassic stage and by the comparison of dinosaurs and crurotarsans that lived at the same time (Carnian and Norian).” Il grassetto è mio.

In pratica, gli autori escludono gli pterosauri perché sono morfologicamente “bizzarri”: in realtà, essi non sono bizzarri (difatti stanno in posizione intermedia tra i due morfotipi dei dinosauri e dei crurotarsi: se fossero “bizzarri” mi aspetterei che fossero alla remota periferia del grafico), bensì, ovviamente, espandono il range di disparità degli ornitodiri. In ogni caso, anche il crurotarso Effigia è “bizzarro” se comparato ad altri crurotarsi (difatti è posto nel margine in basso del morfospazio crurotarso), eppure non è stato escluso.

Secondo, gli autori escludono alcuni dinosauromorfi (come i “silesauridi”), per i quali riconoscono che sono ecologicamente simili a certi crurotarsi, sebbene prima abbiano dichiarato che non sono analizzabili perché frammentari: le due affermazioni sono in contraddizione. Inoltre, la sovrapposizione ecologica è proprio un argomento usato dagli autori per comparare crurotarsi e dinosauri.

Terzo: essi non escludono dall’analisi alcuni crurotarsi, come i Parasuchia, sebbene essi non abbiano alcun equivalente ecologico tra i dinosauri triassici (criterio, questo dell’equivalenza ecologica, seguito per escludere gli pterosauri), contraddicendo ancora il loro metodo.

Con queste osservazioni appare chiaro che la comparazione dei morfospazi tra crurotarsi e dinosauri (e le eventuali implicazioni) è ingiustificata, e che è più sensato effettuare la tradizionale comparazione tra sister-taxa diretti, ovvero tra Crurotarsia e Ornithodira. Ornithodira (area rossa) si ricava collegando tutti i punti degli altri taxa non-dinosauri esclusi (pterosauri compresi). Così facendo, si vede che le due aree di morfospazio sono equivalenti, e che, pertanto, i due gruppi erano egualmente diversificati e floridi nel Triassico.

Conclusione: il metodo di Brusatte et al. è corretto nel metodo, ma viziato dall’irresistibile fascino dei dinosauri, capace di elevarli di rango, per compararli (in una nuova guerra di dati) con i ben più potenti (tassonomicamente) Crurotarsi.

I miti sono duri da abbattere...

Bibliografia: Stephen L. Brusatte, Michael J. Benton, Marcello Ruta, Graeme T. Lloyd: Superiority, Competition, and Opportunism in the Evolutionary Radiation of Dinosaurs. Science 321, 1485 (2008).

mercoledì 10 settembre 2008

Metazoico



Istigato da un recente post su Geomythology (cliccate sul titolo per leggerlo), ho ripescato dalla mia vecchia produzione un'ipotetica colonna stratigrafia di un mondo parallelo al nostro, nel quale (guardacaso, che originalità!) non avviene alcuna estinzione 65 milioni di anni fa...
A sinistra, la nostra "reale" colonna stratigrafica degli ultimi 65 milioni di anni (ovvero, l'Era Cenozoica nel nostro Universo), a destra, l'alternativa, nella quale l'Era Mesozoica termina con il periodo Gobiano, 43 milioni di anni fa. Gli ultimi 43 milioni di anni formano l'Era Metazoica, durante la quale le faune ad amnioti evolvono fino alla (loro) attuale configurazione, dominata dai cladi Enantiornithes, Neornithes, Multitubercolata (detto anche Neomammalia), Chelonia ed Unenlaginia.
A differenza di altri mondi alternativi, creati in base al gusto personale di chi li ha proposti, il mio è stato deciso dal caso: sia l'abbondanza che la durata dei vari taxa negli ultimi 65 milioni di anni è stata decisa secondo un modello casuale... in pratica con un sorteggio causale che effettuavo dopo aver estratto a sorte il tasso % di estinzione in quel limite stratigrafico. (Così che anche taxa a me cari come molti teropodi non sono arrivati vivi nemmeno all'oggi alternativo).
Da notare che nel mondo attuale Metazoico, noi (intesi come mammiferi placentali) non esistiamo.

domenica 7 settembre 2008

L'ARCHEOSHURINA ENTRA NEGLI "ENTA"!

(C)auguri bella!!!! Benvenuta nel futile club della transizione! Ti ho preceduto di 6 mesi e 2 settimane... ma non è colpa nostra!
A domani!

mercoledì 3 settembre 2008

Pulsioni Patagoniche

Venerdì sarò a Pavia, per un incontro informale dal quale potrebbe scaturire un'interessante serie di collaborazioni. Sarà anche l'occasione per rivedere due cari amici (il Sarmatese e il Guardiano dei Citipati), e per conoscere gente nuova con grandi passioni. Tutto all'insegna della paleontologia, dei dinosauri, della paleoarte e della divulgazione.

martedì 2 settembre 2008

Ultrazionale si sta estinguendo per competizione memica con Theropoda?

Nel mio cervello sta avvenendo un ricambio faunistico?
I grafici (numero di miei post su ambo i blog nel tempo) parrebbero dire ciò... Parrebbe che Theropoda ha superato Ultrazionale circa due mesi fa.
Ma, attenti a come i dati vi vengono proposti...

lunedì 1 settembre 2008

Decalogo Ultrazionale (quindi non un dogma, bensì una proposta suscettibile di modifica)

Non ho la barba e la chioma tali per erigermi a legislatore di un popolo, né per rivendicare uno status divino per le mie leggi, tuttavia, pienamente insoddisfatto dal decalogo biblico, ho deciso di stendere una lista alternativa di comandamenti, in base alla mia razionalità, alla mia etica filosofico-naturalista ed umanista.

I- Ogni individuo è unico e irripetibile, e merita rispetto per la sua individualità e particolarità.

II- Dubita e sii scettico sempre, anche di questi comandamenti, e sii disponibile a migliorare le tue idee.

III- Accresci la conoscenza tua e degli altri.

IV- Basa le tue idee sulle evidenze e sii sempre in grado di argomentarle.

V- Non indottrinare i bambini, ed insegna loro a pensare criticamente ed autonomamente.

VI- Fa in modo che anche chi non la pensa come te abbia diritto di esprimersi.

VII- Stabilisci le regole come se non potessi sapere se sarai il primo o l’ultimo a beneficiarne.

VIII- Usa la violenza solo per difesa, e solo dopo che qualsiasi altra opzione si è rivelata inefficace.

IX- Fa in modo che le tue azioni non arrechino danno alle generazioni future.

X- Fa in modo che il tuo corpo non sia sottomesso alla tua mente e la tua mente non sia sottomessa al tuo corpo.