venerdì 14 dicembre 2007

I Predatori dei Taxa Perduti


Quando l’Amicizia e la Stima Massime si fondono con l’Ultrazionalità Pura, nascono i Predatori dei Taxa Perduti.

Nella ricerca scientifica odierna, a dispetto della preponderante tendenza necessariamente simbionte con i fondi della politica e della grande impresa, esistono ancora isole felici d’anarchica indipendenza, nelle quali si può respirare l’aria romantica delle ricerche del glorioso periodo a cavallo tra i due secoli XIX e XX (lo ammetto, ho una passione smodata per quel periodo, per la Belle Epoque, con la sue locomotive, i baffoni e le donnine con i loro assurdi cappelli)? Esistono discipline nelle quali si può ancora atteggiarsi come nel periodo nel quale nacquero la relatività einsteniana, il cubismo, il futurismo, la genetica e Tyrannosaurus? La risposta è sì.

In un paese che snobba la paleontologia, se non nei casi in cui può essere convertita in spettacolarizzazione, noialtri paleontologi vecchia-scuola (ma nuova-mentalità) possiamo ancora vivere, nel nostro piccolo, il sapore della ricerca fine a sé stessa, apparentemente inutile, eppure straordinariamente avvincente. Per chi sa leggere il messaggio delle rocce, anche il pezzo più frammentario e bastardo può essere fonte di gioia. Anzi, è proprio la sfida che gli esemplari più enigmatici ci lanciano a dare alla ricerca (ed alla vita di chi dà valore a queste ricerche) quel suo sapore in più, quel frizzante aroma Ultrazionale.

Arroccati nelle nostre piccole fortezze di conoscenza in crescita, necessariamente avidi, perché consapevoli che non basterà una vita per avere la capacità di discriminare scientemente ogni pezzo, gli eroi Ultrazionali, i Predatori dei Taxa Perduti, da quasi quattro anni (e si spera per almeno i prossimi quarantaquattro) analizzano e discriminano una serie di oggetti grotteschi giunti da luoghi remoti e meravigliosamente esotici, dai nomi ancora carichi di avventura.

Ci siamo trovati tra le mani le sparse vertebre del Kem Kem, nel Sahara marocchino, le aggrovigliate matasse di ossa del Libano, i denti e gli artigli del bacino malgascio del Mahajanga, le falangi del Niger, le vertebre del Mali, deducendone inattese ipotesi evolutive, suggestioni e scenari. Le nostre ipotesi, di primo acchito ardite, sono state confermate da successive ricerche di illustri colleghi (come l’ipotesi che gli abelisauroidi fossero già diversificati nel Giurassico Medio), hanno avvalorato modelli ed ipotesi preesistenti, sono fiorite rapidamente davanti a belle speranze, per poi ritornare coerentemente nell’alveo delle evidenze (ci spiace se qualche caro collega si è impantanato per un anno sulla scia di una delle nostre più bizzarre ipotesi, ma, alla fine, lo pterosauro che avevamo creduto di vedere tra il casino di lamelle si è rivelato, nel volgere di un pomeriggio votato alla sana caga-cazzeria scettica del Demiurgo, tutt’altro... Così va la ricerca: quando si ha a che fare con esemplari super-enigmatici, lo studio si rivela sopratutto una lotta tra ciò che vorremmo vedere e ciò che dobbiamo riconoscere).

Non sempre ciò che avevamo davanti ha visto la luce sotto forma di pubblicazione: purtroppo, anche se siamo allocati in una tranquilla ed isolata enclave della Scienza, l’azione tentacolare della Burocrazia (indotta dall’impropria azione di certi raccoglitori) riesce a lambirci, bloccando alcune delle nostre attività.

Ma noi non arretreremo...

Cosa ci porterà (l’inesistente) futuro?

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